Possiamo racchiudere le motivazioni in questi punti:
Appartenenza
La merce fabbricata all’estero non può mantenere la dicitura Made in Italy, anche se l’azienda che la produce è nata in Italia. L’etichetta italiana è sempre più apprezzata su scala mondiale. Farne a meno priva il produttore della possibilità di risultare più accattivante sul mercato.
Molte aziende decidono di tornare semplicemente per riavvicinarsi a fornitori ed acquirenti. La questione dell’appartenenza non riguarda solo la qualità e la distanza, ma anche l’identità del prodotto.
Costi di produzione e gestione
In Asia e nei paesi dell’Est europeo (le aree maggiormente coinvolte dall’offshoring negli anni passati) il costo dello stipendio medio per un operaio sta salendo. In più, il prezzo del petrolio e dei trasporti è in crescita.
Tensioni politiche internazionali
In primis, la sfida tra titani come Cina e Stati Uniti. Queste due potenze si contendono il titolo di leader mondiale. Attualmente la Cina è in testa nonostante gli Stati Uniti abbiano allentato notevolmente i rapporti commerciali con il colosso asiatico, convincendo altri paesi, come Giappone e Corea del Sud a fare lo stesso.
La guerra dei dazi (iniziata nel 2018) tra queste potenze scoraggia l’importazione di prodotti esteri, favorendo il fenomeno del reshoring.
Lo squilibrio tecnologico tra la Cina (già pronta a mettere sul mercato la moneta digitale e-yuan) e i Paesi occidentali è un’altra delle ragioni che non rendono facili le operazioni commerciali.
L’uscita del Regno Unito dall’Europa ha trasformato le operazioni di import-export con le nazioni europee da nazionali a internazionali. La Brexit ha implicato la presenza di una dogana e, quindi, di dazi da pagare. In più l’indipendenza del Regno Unito ha dato vita a nuove normative e conseguenti adeguamenti da parte delle imprese in loco. Il peso economico di tale cambiamento potrebbe essere determinante per l’aumento degli episodi di reshoring.
lnfine, il recente scontro tra USA e Russia in merito all’Ucraina sta facendo incrementare ulteriormente i costi dell’energia, rendendo sempre più contrapposti i blocchi politici ed economici occidentali e orientali.
Azioni di politica economica
Il parlamento europeo sta spingendo il ritorno in Europa delle aziende espatriate. L’intento è di costruire una solida filiera autosufficiente all’interno dei confini europei. Per questo, sono state proposte agevolazioni burocratiche, fiscali ed energetiche per le aziende di ritorno dall’estero.
Questo aspetto è strettamente correlato con il prossimo punto. L’indipendenza dell’Europa favorirebbe l’utilizzo esclusivo di materie prime locali e di materiali riciclati. La nostra produzione diventerebbe, così, molto più sostenibile.
La transizione digitale
La diffusione di innovazione tecnologica e di trasformazione digitale in Italia incoraggiano gli imprenditori a tornare: con l’aiuto della tecnologia i costi aziendali possono essere alleggeriti.
Sostenibilità
Ormai è argomento di interesse non solo per i clienti, ma anche per gli stessi produttori. I trasporti necessari per portare le merci da una parte all’altra del globo emettono una quantità impressionante di CO2 che contribuisce a creare l’effetto serra. La sostenibilità non è un fattore trascurabile ed ha assunto maggiore importanza ora che le previsioni ambientali per i prossimi anni sono a dir poco critiche.
Covid
La pandemia ha messo a nudo alcune delle debolezze delle catene globali del valore, rallentandone l’efficienza. Inoltre, ha contribuito ad accelerare i trend sopra descritti soprattutto sul fronte della digitalizzazione e sostenibilità. Infine, ha dato vita a una crisi delle forniture, che potrebbe innescare un processo di riconfigurazione delle catene del valore, alcune delle quali potrebbero essere accorciate e “regionalizzate”.